L'alfiere by Carlo Alianello

L'alfiere by Carlo Alianello

autore:Carlo Alianello [Alianello Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2011-02-14T23:00:00+00:00


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26Non mi chiamate più donna Isabella / chiamatemi Isabella sventurata, / da che ho perduto trentatré castella, / la Puglia intera e la Basilicata… [N.d.A.]

27La neve alla montagna / l’inverno s’avvicina. / E io piango lo sposo mio / che va lontano da me… (id.) [N.d.A.]

28Oilì, oilì, oilà! / Mamma non c’è se vuoi salire / io ci ho il fuoco in cuore, / e mamma non c’è, facciamo all’amore… (id.) [N.d.A.]

XVI

Pino ricadde a seder sulla sedia. In verità di tutto quel che gli turbinava in testa e gli bruciava dentro altro non sentiva che una stanchezza tremenda. E l’abbattimento che lo spossava era informe e torbido come un puro travaglio fisico… che era spavento, sì; ma non di loro, di quelli ch’erano usciti, ma del mondo, delle cose, di tutti gli uomini, degli odî e degli inganni… A questo eravamo giunti! E il baratro gli parve immenso. Non aveva mai immaginato veramente, con certa coscienza, che le sorti del regno napoletano, e magari neppur di quello, ma dell’animo suo, di quella costruzione che forse era più sentimentale che ragionata, Re, bandiera, onor militare, terra dei padri, che erano i piloni cui s’appoggiava la sua onestà, la sua umanità anzi, potessero crollare a un tratto così… Tutto il mondo cadeva, tutto quello che il mondo aveva per lui di santo, di buono, di degno… e chi avrebbe mai potuto sospettarlo? E perché lui, Pino, non s’era sino allora presa la cura di vedere, di chiedere, di conoscere? Quei pensieri eran come istinti per lui, eran parte della sua carne, che finché sta bene e non ti duole, tu non hai coscienza d’averla e fa l’ufficio suo e non te ne curi… e al fragor di quel crollo l’animo suo raccapricciava.

E Pino pensò che così fosse caduta anche la sua ragione d’essere. Tutto il mondo, quel suo mondo aveva contro, anche don Celestino – don Celestino! – e non poteva non perire.

Che una o due battaglie si perdano per l’imperizia, l’imbecillità o il tradimento di comandanti, che una o due provincie sian occupate dall’invasore… Che vuol dire? Quando un esercito c’è, una fede c’è, quando si ha una ragione, i comandanti si cambiano, le battaglie si posson vincere, le terre si riconquistano. Ma quando nulla v’è di sano, nulla v’è di sicuro… Quando ogni uomo il più mite, il più imbelle – ma era così don Celestino? – passa deliberatamente dall’altra parte e questi tuoi principi indiscutibili sono discussi, derisi, traditi dal tuo fratello, dal tuo amico, dalla tua donna – ah! Renata! – e non ti resta nulla che ti valga e non hai dove appoggiarti e la passione ti si raggela e dentro te non trovi più nessun conforto, chi può pensare che vi sia ancora un fil di speranza? Garibaldi! Lui o un altro sarebbe lo stesso. Quando la trave che regge un ponte è corrosa, putrefatta, quando è ben marcia, si spezza e cade sotto i piedi di chi vi passa sopra… E Titina? Anche Titina era



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